Siamo gli ultimi Cristiani? Che fare?

Continua la riflessione su essere Cristiani
Riprendo – e termino – la mia riflessione sul tema dell’essere cristiani, oggi, già presentato nel Foglio Straordinario della Pasqua di quest’anno.
A nessuno sfugge la progressiva lontananza dalla pratica religiosa. I banchi delle chiese si svuotano e sono occupati da persone dai capelli sempre più bianchi; i genitori non riescono a trasmettere la fede ai figli; i giovani disertano la vita parrocchiale... e potremmo continuare con queste evidenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Il fenomeno è percepito in maniera chiara in tutte le nazioni europee, inclusa l’Italia. La pandemia ha solo accelerato un processo in atto da tempo e che sembra inarrestabile.

E’ lecito chiedersi se il Cristianesimo avrà ancora un futuro, almeno in Europa.
Nel 2019 c’è stato un evento catastrofico dal valore altamente simbolico: il 19 aprile la cattedrale di Notre-Dame di Parigi è stata distrutta da un incendio. Nella guglia che collassava molti hanno scorto l’immagine di una Chiesa europea che sta implodendo.
Non è solo il calo dei partecipanti a preoccupare, ma anche la diminuzione delle ordinazioni, delle consacrazioni religiose, dei matrimoni, la soppressione delle parrocchie... Una crisi di fede condivisa con i credenti di altre confessioni. Allora acquista maggior forza l’interrogativo se siamo noi gli ultimi cristiani del continente.
Sicuramente siamo gli ultimi testimoni di un certo modo di essere cristiani. Coinvolte nelle grandi mutazioni della società, le Chiese nazionali sono destinate a mutare il loro volto. Già ora assistiamo ad una rarefazione delle relazioni tra i preti e i fedeli, soprattutto nelle parrocchie senza parroco residente.
Non serve essere profeti per rendersi conto che la rilevanza culturale del Vangelo sarà sempre minore. L’impegno di evangelizzazione, di essere chiesa missionaria – in linea con la nota espressione di papa Francesco – è compito delle nostre comunità qui e ora. Sono gli stessi battezzati a dover essere ri-evangelizzati.
Sarà importante che le comunità, per quanto piccole, non abbandonino la testimonianza esplicita resa a Cristo e alla sua Parola.
Il Cristianesimo potrà ancora penetrare il nostro mondo solo se i credenti avranno la forza di arrabbiarsi, di indignarsi, di non confondere la bontà con la tolleranza universale. 
In un mondo sempre più laicista – almeno in Occidente – le Chiese saranno indotte dalla forza delle cose a raccogliersi intorno all’essenziale. Nelle nostre riunioni dovremo incentrare la nostra riflessione sulla Parola di Dio e sull’Eucaristia, le due sorgenti della differenza cristiana, per avere la lucidità e l’energia di una presenza sociale incisiva. 
Sarà un nuovo inizio rispetto a quanto stiamo vivendo in questa epoca di transizione, un qualcosa di nuovo che abbiamo il compito di preparare e anche di rendere possibile.

Il futuro della Chiesa
E’ consuetudine, al termine di ogni anno, fare un consuntivo sui giorni e i mesi passati.
Da qualche tempo (complice anche la pandemia da corona-virus), ci si interroga anche sul futuro della Chiesa. Le statistiche non sono beneauguranti... I segnali che arrivano da pubblicazioni recenti (Siamo gli ultimi cristiani? – La Chiesa brucia – Chiese chiuse – Cosa resta del Papato?) denotano l’incertezza e l’inquietudine nella compagine ecclesiale.
Sono constatazioni che tutti facciamo nella comune esperienza. Numeri ridotti alla Messa domenicale, calo dei volontari e operatori pastorali, poca incidenza sociale del pensiero cristiano, perdita di autorevolezza della gerarchia, poco ascolto della parola e dell’insegnamento del Papa.
La pandemia ha solo accelerato una inesorabile erosione numerica e qualitativa che dura da anni.
E’ lecito, allora, chiedersi quale possa essere il futuro della Chiesa, ma più in generale, del cristianesimo stesso in ambito italiano ed europeo. Nel resto del mondo si assiste ad una crescita, ma nelle Chiese di antica cristianità siamo spettatori di un lento declino. Delusione e scoraggiamento affiorano nei discorsi degli stessi frequentanti.
Che fare? Certamente i desideri e gli auspici non mancano. Sappiamo che il futuro è nelle mani di Dio, e che non lascerà la comunità ecclesiale al suo destino. Ma da parte dei cattolici si esige un sussulto. Gli scandali hanno pesantemente condizionato la credibilità e l’autorevolezza delle nostre istituzioni. Il futuro della Chiesa dobbiamo cominciare a scriverlo oggi.
Sui temi che stanno a cuore all’opinione pubblica (ecologia, omofobia, integrazione…) i cristiani hanno già maturato un pensiero forte. A torto viene ritenuto “confessionale”, e quindi di parte e con poco valore. Non tenerne conto è impoverire la cultura, privarla di un apporto che ha radici profonde. Il Vangelo non è un racconto del passato, ma narrazione del cammino umano che solo nell’apertura all’Altro comprende se stesso.
Incerte  sono le previsioni, e di poco conto anche gli auspici sul futuro della Chiesa. Ci rimane la certezza di non essere una struttura transitoria perché fondata su una Parola che non passa. Potrà anche rischiare di “chiudere” per fallimento, ma sarà sempre aperta alla speranza. Gli ultimi cristiani sono anche i primi del nuovo popolo di Dio che, passato attraverso il deserto, scorge sempre quella terra che rimane sempre promessa, ma l’unica mèta sicura del tragitto terreno.

Armando

 


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