Natale evento di salvezza

A Dio stanno a cuore gli umani e la loro casa

Che cosa rimane del Natale in una società che ne fa l’occasione del consumare, del viaggiare e del fare una vacanza che, dopo la pandemia, potrebbe finalmente contribuire a rimettere in ordine i conti, a ridare ossigeno al settore produttivo del turismo? Senza nulla togliere alla serietà del lavoro turistico e alla serenità di una vacanza, senza misconoscerne, oltre al benessere personale, eventuali vantaggi sociali, non sarebbe affatto fuori luogo la domanda: che cosa il Natale, il Natale di Gesù, può dare all’uomo del nostro tempo?
Potrebbe sembrare troppo pretenzioso o di parte, in un contesto caratterizzato dalla pluralità delle culture, delle religioni, delle scelte di vita, affermare che del Natale abbiamo più che mai bisogno. In questi giorni ha attirato la mia attenzione un romanzo autobiografico dal titolo Tutto chiede salvezza. A un certo punto ho letto: “Ecco la mia ossessione, il mio desiderio patologico. Salvezza. Dalla morte. Dal dolore. Salvezza per tutti i miei amori. Salvezza per il mondo”(*). Il Natale è la venuta, non di un salvatore, ma del Salvatore; non di qualcosa, di una parte di noi, ma di tutto l’umano che, nella consapevolezza della propria bellezza e fragilità,  si interroga sul senso della vita, che riconosce nello sguardo dell’altro, giovane o vecchio, un invito all’incontro, al dialogo e alla corresponsabilità.

La domanda di salvezza non può essere taciuta. E’ gridata da tutti coloro che vivono nella continua manaccia della guerra, in particolare in Ucraina, ma non solo. Gli umani hanno bisogno di essere salvati dalla follia della guerra e di ogni altra violenza. Ne ha bisogno la terra, devastata dagli egoismi, dalle spartizioni inique di poteri e di risorse; ne hanno bisogno le nostre relazioni interpersonali minacciate dalla pura funzionalità o dall’anonimia, spesso diventate parole e segni senza volti; ne hanno bisogno le famiglie per ritrovare solidità e le comunità educative per riscoprire la passione dell’educare, osando proporre una visione esistenziale dell’umano, libero e responsabile, non ripiegato sul tornaconto individualistico, ma sulla condivisione solidale e fraterna. Ne ha bisogno il mondo della scuola e del lavoro, non tanto per inseguire il merito o il produrre, ma piuttosto per una sempre più degna valorizzazione dell’umano. Ne hanno bisogno le nostre menti per non finire ostaggio dell’incessante farsi e disfarsi di miti o di false notizie.

Ne ha bisogno la nostra società per non rimanere condizionata da tutti quegli eventi che potrebbero incrinare la nostra speranza in un futuro a misura dell’umano, resistendo a tutto ciò che potrebbe umiliarlo, promuovendo progetti sociali e politici rivolti a garantire equità e autentico benessere per tutti; progetti che, in riferimento alla diverse età e situazioni di vita, fanno della prossimità solidale una prassi e uno stile di vita. Cristo è il salvatore di tutta la nostra umanità. Lui, fin dall’inizio della sua avventura umana, ci mostra da chi partire o in compagnia di chi riprendere il nostro cammino. Comincia dalla periferia, da una greppia, a Betlemme; in compagnia degli ultimi ci mostra la via della vita, ci salva. 

Don Giovanni
 


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