Il luogo della Pasqua è la nostra fraternità…

 

La solenne memoria della Pasqua non è ritornare al passato, ma rivivere nell’oggi un evento che non sta affatto fuori della nostra storia e della nostra vita quotidiana. Oggi, come ieri, quando in quel primo mattino le donne andarono al sepolcro pensando di trovare un corpo senza vita, risuona lo stesso annuncio pasquale:,”Non è qui è risorto !”(Lc 24,6 ). E’ un messaggio che, nella sua radicale novità, fino al punto d’essere sconvolgente, porta in sè la capacità di rinnovare le nostre vite e di infondervi speranza e autentica gioia, nonostante tutto. Non si tratta di una parola che dà notizia di ciò che è accaduto, ma di una parola che assicura una presenza.

L’uomo Gesù, il Figlio di Dio fatto carne come noi, che fino in fondo ha creduto nell’amore fedele del Padre e che nella sua libertà ci ha fatto dono della sua stessa vita, si rende presente nel nostro ritrovarci insieme come sorelle e fratelli suoi; sta in mezzo a noi (cf Gv 20,19.26 ). Appare alle donne andate al sepolcro dicendo loro: “Rallegratevi!... Andate e annunziate ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno”(Mt 28,10). Forse non abbiamo mai riflettuto abbastanza sul fatto che fin dal quel primo mattino, il primo giorno della settimana, il messaggio gioioso, il vangelo della Pasqua, è rivolto e affidato a una comunità di fratelli e sorelle. La nostra fratellanza, l’unità fraterna, è “il luogo” dove si annuncia e si rende credibile l’evento della Pasqua di Gesù Cristo. Dall’essere inseparabili, l’ annuncio pasquale e la nostra fraternità di credenti, possiamo trarre una duplice riflessione. 

La prima è un invito a ripensare la nostra partecipazione alla vita della comunità cristiana, soprattutto in rapporto alla liturgia eucaristica domenicale. Non dovrebbe essere il punto di arrivo e di partenza della nostra vita cristiana?  Dove cercare, allora, la causa di una partecipazione che è sempre più fragile e fluttuante? Come mai con facilità ci si “dispensa” da questo vitale incontro con Cristo “necessario” per continuare a credere in lui e per dare solidità alla nostra comunione fraterna? Spesso si invoca, senza nascondere una certa critica o delusione, un maggiore senso di fraternità.

Questa domanda di fraternità e il desiderio di non sentirci estranei gli uni agli altri non dovrebbero motivare ancora più profondamente la nostra fedeltà a radunarci insieme, alla domenica, per celebrare la nostra festa attorno alla mensa della Parola e del Pane di Vita? E’ forse coerente denunciare la mancanza di fraternità e disertare un appuntamento che le dà solidità e che ne garantisce l’autenticità ? 
L’altra riflessione è provocata dalla drammatica situazione sociosanitaria che stiamo vivendo, ma non solo, a livello nazionale e mondiale. Credo che non si possa non prendere atto che nell’attuale drammatica, anzi angosciosa, situazione che stiamo vivendo, s’intrecciano l’emergenza pandemica, il senso di inadeguatezza della risposta che si cerca di dare, la sensazione di essere in ritardo nel rispondere alla necessità di ripensare con più coerenza e con mezzi più efficaci l’intero sistema dei servizi sociali e sociosanitari, il cosiddetto welfare state che deve restare uno dei capitoli fondamentali di ogni agenda politica. A renderla ancora più problematica , e motivo di ulteriore preoccupazione, si aggiunge l’impressione che anche di fronte all’emergenza non ci sia sempre la sincera volontà di uscire dall’autoreferenzialità, dalla logica degli interessi di parte, che impediscono o rallentano le necessarie collaborazioni a più livelli, da quello educativo a quello sociale, da quello civile a quello politico. 

E’ urgente che maturi, direbbe Papa Francesco, un autentico senso del “Noi”(1) che è tutt’altro che conformismo, ma il volto di una fraternità solidale. Come cristiani, al fine di promuoverlo, liberi da ogni interesse di parte, e tanto meno da ogni forma di “anacronistico proselitismo religioso”, abbiamo un dono e una grande responsabilità. L’uno e l’altra sono fondati nell’evento pasquale di Gesù Cristo. Lui, il Figlio che il Padre ci ha donato, a sua volta ha fatto dono di se stesso per realizzare il disegno del Padre di farci suoi figli, per chiamarlo sempre, anche noi, Padre nostro. Lui, il Vivente che si mostra a noi, con i segni del suo essere stato “innalzato da terra”, è colui che dal Padre ha ricevuto la missione di radunare tutti gli uomini nell’unità, in una fratellanza universale, affinché a tutti fosse dato di partecipare della sua vita di Figlio di Dio. Nella croce il Padre gli ha consegnato tutti noi come suoi fratelli, gli ha chiesto di amarli fino in fondo. Lui, il Cristo, ha consegnato al Padre una moltitudine di figli. Tutto ciò è grazia, è amore che supera ogni ostacolo, ogni confine e dal quale nessuno può mai essere escluso; esclusione significherebbe negare l’umano in noi e negli altri, ignorare l’essere figli dello stesso Padre e fratelli e sorelle tra di noi. Ciò che è radicalmente dono non può non tradursi nella responsabilità di prenderci cura della vita nostra e di quella di ogni altro uomo, di ogni altra donna, in qualsiasi momento della vita. 

Come tradurre tutto questo nella concretezza della nostra quotidianità? Le risposte non possono non essere molteplici, frutto di discernimento comunitario, alimentato dal dialogo e dalla ricerca del bene di tutta la persona e di tutti. Ne sottolineo soltanto due. Una prima risposta dovrebbe venire dal ripensare l’educazione e la formazione della persona. Oggi, non è più dilazionabile la questione educativa(2) e dalla logica del “noi” deve trarre indicazioni fondamentali per maturare altrettante scelte coerenti. Condividendo e facendo nostro un progetto educativo ispirato al “noi”, le relazioni interpersonali e fraterne potranno essere la via più efficace per contrastare il potere delle cose sull’umano, per difenderlo dal diventare cosa tra le cose. 
Un’altra riposta dovrebbe venire da una rinnovata riflessione sul volontariato che in tante situazioni ha dato e continua a dare alla società e alla promozione umana un importante contributo; un volontariato che non trova tanto la sua ragione d’essere nel riempire i vuoti lasciati dalle istituzioni, ma piuttosto nell’essere una preziosa riserva di prossimità umana e di voce critica, con le inevitabili ricadute sul piano sociale e politico, affinchè nessuno sia escluso dall’aver accesso ai servizi di promozione umana, assistenza e cura rivolti alla persona. Infatti, è compito di una società, fondata sulla giustizia e sulla solidarietà, assicurarli a tutti.  
La comunità cristiana e civile che ognuno di noi abita come cristiano e come cittadino non potrebbe essere quella “Galilea” (cf Mt 28,10) nella quale, grazie alla nostra fraternità, Cristo risorto si dona alla vista di tutti affinchè in tutti rinascano la speranza e la gioia? 

Don Giovanni

(1) Cf L’enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti.

(2) Papa Francesco rivolgendosi al Corpo diplomatico l’8.02.21, dopo aver elencato le crisi sanitaria, ambientale, economica e sociale, la crisi della politica e dei rapporti umani, a proposito di quella educativa così si esprimeva: “Vorrei ripeterlo: assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società. «Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società», poiché l’educazione è «il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza. Il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione».

 

 


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